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Derby da Numeri Uno: Salvati e Boer, futuro nelle mani
Frosinone-Roma dalla prospettiva della linea di porta. Ruolo solitario, ma essenziale. I due protagonisti della supersfida
Calciatori si diventa, portieri si nasce. Essere bomber un sogno, fare il portiere una missione. Il ruolo più folle, romantico e letterario dello sport. Vengo al mondo, mi butto a sfondo: Fabri Fibra non sbaglia ne "La Solitudine Dei Numeri Uno". Già dal riscaldamento entrano in campo insieme al proprio preparatore personale. Muovono braccia e gambe e con la testa e il cuore devono intuire dove andrà a cadere il pallone un attimo prima che superi la linea. Quella striscia bianca rappresenta il confine tra la gioia e la disperazione, è un lampo che acceca, un’alba che illumina, un sentimento che si rivolta, magari su se stesso, e demolisce il passato e la malinconia, il dolore e la sofferenza, e si può ridere ed esultare per un rigore parato e riflessi che ti hanno permesso di compiere un "miracolo". La solitudine di quel numero 1 è un ceffone al pallone, è ribellione al destino. Ritrovarsi a essere i migliori in campo di un derby bellissimo: Frosinone-Roma 2-3, oltre i gol rimarrà sempre la sfida a colpi di guantoni tra Pierpaolo Salvati e Pietro Boer: portieri del futuro, portieri del presente. A difesa di oltre sette metri di porta, in quel ruolo solitario, ma che attraverso una deviazione con la punta delle dita dà carica e unisce tutta la squadra. I due migliori in campo: parate difficili, riflessi d’istinto, guantoni arrivati dove sembrava gol fatto. Ognuno può scegliere il suono che preferisce per ricordare una partita: il "Paff" di un tuffo e il "Boeng" del pallone spedito lontano con lo sguardo prima che dalle mani non ha rivali. I tuoi compagni corrono ad abbracciarti, capisci che forse così solo non lo sei mai stato.