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Edoardo Bove: un modello da seguire per i giovani della Roma e non solo

Le parole con cui il centrocampista classe 2002 ha salutato la stagione sono solo un'altra ennesima conferma: siamo davanti a un giocatore importante e, soprattutto, a un ragazzo d'oro

09 Giugno 2023

Edoardo Bove (Foto ©De Cesaris)

Edoardo Bove (Foto ©De Cesaris)

Ci ha impiegato più di una settimana ad esternare le sensazioni e le emozioni vissute in questa stagione, ma alla fine ce l'ha fatta Edoardo Bove, che con una ventina di righe ha probabilmente fatto scendere più di qualche lacrima al di qua del Tevere. Non vogliamo entrare nel lato tecnico o analizzare il tipo di straordinario giocatore che rappresenta: ormai il tempo dei focus è finito da un pezzo essendosi a tutti gli effetti esauriti i legami con il settore giovanile, il centro del nostro mondo. Al massimo un paio di veloci balzi all'indietro per ricordare un paio di tappe importanti del classe 2002. Ad esempio quando dalle parti di Trigoria si è iniziata a prendere coscienza di avere un fiore da coltivare nel giardino della Capitale, oppure quando quel fiore è iniziato a sbocciare grazie all'acqua di Alberto De Rossi e al sole di Josè Mourinho, o ancora quando quello stesso fiore ha dato alla luce i primi germogli. Allora il vaso del vivaio s'è fatto piccolo ed è arrivata la Conference League ad accoglierlo. Fine del libro? Macché. Inizio di un nuovo capitolo, che però adesso conosciamo tutti e che commentare - dopo un'annata di questa portata - lascia il tempo che trova. Proviamo allora a spostarci un po' più in qua e cambiare punto di osservazione, che tanto ormai il bambino s'è fatto uomo ed è già diventato un punto di riferimento per quelli che sono adesso ciò che lui era un tempo. Perché? Perché il cammino di Edoardo Bove non è stato semplice, per niente proprio. E lo spirito con cui ha affrontato le difficoltà diventa un esempio per i più piccoli. Per i giovani della Roma, che stanno provando a seguire le sue orme in giallorosso, ma anche per tutti quelli che inseguono il grande sogno fuori dai confini della Capitale. Fino alla Primavera diversi problemi fisici e qualche acciacco di troppo ne stavano minando il cammino, ma lui è rimasto lì, sempre sul pezzo, a rincorrere tutto e tutti come un cane malato, a segnare e far segnare. A sognare e far sognare, notti come quelle di Tirana, ma anche come quelle di Budapest. Quelle che raggiungi solo e soltanto con il lavoro, perché il talento non sempre basta e, purtroppo, ce ne siamo resi conto troppo volte. E insieme al lavoro, la testa, quella piegata sui libri di scuola prima e di università poi, anche mentre un aereo ti sta portando dall'altra parte d'Italia per giocare in Serie A perché "il calcio è strano e avere una strada alternativa è sempre meglio". Alternativa, quella che Edoardo Bove ha rappresentato per un lungo anno e mezzo sotto la guida di José Mourinho, quell'alternativa diventata prima necessità impellente e poi straordinaria certezza, dal 16 aprile in poi, giorno di Roma-Udinese. Da lì in avanti sempre titolare, in campionato e in Europa League, più un gol. E che gol. 

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