FOCUS
Area tecnica: la finale vissuta da Baldini e Bosi
La partita Scudetto vissuta dagli allenatori di Roma e Atalanta. Sguardi, gesti, tensioni, emozioni dal bordocampo del "Benelli"
A un metro dai protagonisti in campo ci sono degli uomini che non vengono quasi mai inquadrati dalle telecamere. Stazionano lì, in uno spazio prestabilito chiamato "Area Tecnica". A Ravenna abbiamo osservato Roma-Atalanta anche dal punto di vista di quelli che lavorano dietro le quinte, in cabina di regia. La finalissima scudetto vissuta dagli allenatori. La compostezza e la rigidità di Bosi.
L' emotività, l'ampia gestualità, l'indicare a gran voce gli schemi da seguire di Baldini. Una partita nella partita. I ragazzi sul rettangolo verde hanno corso, saltato, ci hanno messo la testa, la grinta per difendere i propri colori. I due tecnici non sono stati da meno. "Ho trasformato un gruppo in una squadra di uomini che ha fame di vincere": si è vista in lui e in tutti i giallorossi scesi in campo al "Benelli" di Ravenna la voglia di raggiungere il tanto agognato e meritato traguardo.
Bellissimo il saluto iniziale tra i due tecnici: stretta di mano e abbraccio sportivo con i componenti delle panchine avversarie. L'in bocca al lupo reciproco di rito e poi al fischio d'inizio di Giordano della Sezione di Novara scatta la sfida vera per il Tricolore.
La finalissima di Francesco Baldini
Già al 2' il tecnico giallorosso ha predicato calma ai suoi. L'Atalanta, dall'impriting aggressivo sin dalle primissime battute, chiama subito Cardinali alla parata e l'allenatore massese cammina nervosamente nel metro per uno a lui assegnato. "Ragazzi occhio alle posizioni in difesa, stiamo rischiando un po' troppo". Il trainer capitolino è dinamico, una trottola, vorrebbe entrare in campo per dare manforte ai suoi. Destra sinistra, braccia unite, dietro la schiena, mani nei capelli quando Greco timbra la traversa con la botta potente da pochi passi. A ogni ripartenza, anche Baldini compie scattini brevi come a sospingere il contropiede dei Lupacchiotti. Si gira spesso verso la panchina, si confronta con i collaboratori, si disseta alla borraccia, sente la partita, eccome se la sente. Chiacchiera con il quarto ufficiale per un presunto fallo a centrocampo. Al rigore guadagnato esulta perché consapevole che una volta andato sul dischetto il n°10 Silipo, il pallone avrebbe gonfiato la rete. Il gol c'è e il pugno di esultanza diventa un salto degno della Sara Simeoni dei tempi d'oro a ricevere la corsa a perdifiato dei ragazzi. Invita la difesa a stare alta, a stare attenta alla linea del fuorigioco, impartisce a Greco e Bamba di andare in ultrapressing sui portatori di palla orobici. Nella ripresa pretende giocate facili. "Cerchiamoci sempre", ricorda ai giallorossi di essere una squadra. "Attacca Sili, attacca Sili, veloci, veloci": Silipo viaggia e verticalizza, allargando spesso sulle corsie laterali per Bamba. Poi il Mister romano si piega sulle ginocchia, quasi ad avere occhiali a infrarossi per scrutare il minimo dettaglio, la giocata impercettibile, l'errore veniale da non commettere. "Saliamo, saliamo" la parola d'ordine è energia. Sul 2-1 bergamasco va su tutte le furie per la disattenzione che pochi istanti prima avrebbe voluto evitare. Al 27' del secondo tempo, al nuovo pareggio della Roma, Baldini vuole calma. La rasoiata di Silipo ha rimesso la finalissima in bilico. Francesco Baldini consulta la lavagna tattica, si disseta come fosse un ciclista a un chilometro dalla vetta da scalare. La Cima Coppi per la Roma di Baldini si chiama Scudetto e sulle vette volano i rapaci: il "Condor" Bucri strappa la bandiera Tricolore quando sembravano certi i supplementari e la consegna nelle mani dei compagni e di Francesco Baldini. La Roma è Campione d'Italia. Francesco Baldini abbraccia suo figlio. Il Trofeo più bello. La pagina più bella. Una serata da Campioni in quel metro che sembra un po' troppo piccolo quando devi correre a celebrare un trionfo.
La finalissima di Giovanni Bosi
Statuario, immobile, impassibile. Non ha fatto una piega il mister dei lombardi. Al vantaggio firmato da Piccoli tutta la panchina atalantina ha esultato, lui no. Braccia conserte, busto eretto, sguardo freddo in attesa della prosecuzione della gara. Al raddoppio di Traoré al 26' del secondo tempo la scena cambia: dopo il provvisorio 1-1 di Silipo dal dischetto la Dea torna a condurre e il tecnico faentino stavolta accenna a esultare, ma non cerca eccessiva emotività con i suoi. Niente abbracci, rimanere concentrati è il mantra che si evince anche dall'estensione del braccio sinistro a indicare il campo. Tornare sul pezzo subito, ancora non si è fatto niente. Non si sente mai urlarlo, se ci avessero chiesto al termine della finalissima che timbro di voce avesse contraddistinto Bosi nell'arco del match,rispetto al resto del parterre, avremmo risposto picche.